BLOG – GIORDANIA

Il  nome “Giordania” evoca, per la maggior parte degli amanti dell’archeologia, un luogo magico: “Petra”, la città rosa del deserto. Una meraviglia archeologica definita “una delle sette meraviglie del mondo”. 

Ma la Giordania, ha davvero tanto da offrire al viaggiatore curioso ed appassionato di storia antica. 

Il mio viaggio comincia da Aqaba, che si affaccia sull’omonimo golfo e sul quel mare spettacolare che è il Mar Rosso, che ho avuto modo di apprezzare più volte nei miei viaggi nel vicino Egitto. Un mare talmente bello da sembrare un acquario. 

Aqaba è la classica città turistica, piena di turisti, molti di passaggio per andare a Petra, con le solite attrattive di luoghi simili..  il mare, i negozi di souvenir,  la moschea, il mercato colorato ed affollato, dove i colori ed i profumi delle spezie ci ricordano che siamo in oriente.. curiosando per le stradine mi attira una macelleria con carcasse di animali appese all’ingresso, curiosamente addobbate con dei fiori….chissà perchè…

Lasciato il mare, quasi subito mi addentro nel deserto roccioso che porta a Petra. 

Nonostante gli 800 metri di altitudine, il caldo è intenso. 

Petra fu la capitale dei Nabatei, dal sesto secolo a.c., abili guerrieri e commercianti tra la penisola arabica ed il Mediterraneo.  

Ma per arrivare, c’è da camminare e non poco.. per i più sfaticati è possibile noleggiare un cammello o una carrozzella.. ma percorrere a piedi  il “Siq”, reso famoso dal film “Indiana Jones e l’ultima crociata”, non ha eguali… 

Il Siq è una profonda e tortuosa gola che, in antichità, era un letto fluviale, divenuta poi una strada, dopo che il torrente è stato deviato. Tuttavia per assicurare l’irrigazione al proprio popolo, i Nabatei costruirono un’ingegnosa rete di canalizzazioni, da far invidia ai Romani,  scavate nella roccia, visibili ancora oggi,  per raccogliere la poca la preziosa acqua piovana che cadeva. 

In fondo al Siq, dove finisce la gola, dalla fessura tra i due costoni di roccia, intravedo, con immensa emozione, la facciata del “Tesoro”, il famosissimo palazzo, letteralmente scolpito nella roccia rossa di arenaria, che è stato dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’Umanità.

Davanti a questa meraviglia si resta senza fiato e non posso non pensare a quante volte lo avevo ammirato nei documentari e che ora è proprio lì, davanti a me… 

Il caldo non dà tregua, ma tanta è la bellezza che mi circonda, che proseguo nella visita senza indugi… Sono circondata da rocce immense, piene di  grotte, forse sepolcri funerari.

Poi la roccia lascia spazio alla sabbia, fino ad arrivare, faticosamente, non lo nego, all’insediamento romano, risalente al 100 d.c. quando il regno Nabateo finì e tutto questo territorio fu annesso all’impero romano di Traiano. 

La sera, al rientro, passo ancora una volta davanti al “Tesoro”, la luce del tramonto lo colora ancora più di rosso ed è ancora più bello, se questo è possibile e non verrei mai via, ma il viaggio è solo all’inizio e bisogna andare…. 

Oltre al ricordo di questa meraviglia, che mi accompagnerà sempre,  ho anche quello della bella insolazione che, nonostante il cappello, mi sono presa, assieme ad una febbre da cavallo ed a un mal di testa industriale.. incidenti di percorso… 

Ma la fatica valeva sicuramente la pena. Così, la notte ristoratrice, porta sollievo e  la mattina dopo, eccomi pronta per proseguire…  

Mi attende un altro posto altrettanto magico.. il deserto del Wadi Rum, la “Valle della luna”, famoso soprattutto per le vicende dell’ufficiale britannico Thomas Edward Laurence, più conosciuto come Laurence d’Arabia. 

Il Wadi Rum è una valle circondata da dune sabbiose, con colori incredibili che vanno dal giallo al rosso e formazioni rocciose spettacolari, dove si trovano anche scritture rupestri risalenti a più di 2500 anni fa.

Molte sono le tribù beduine che vivono ancora lì, allevando dromedari e capre. 

Vederli accampati all’ombra in compagnia dei dromedari è consuetudine, come lo è gustare con loro il il tè caldo, che preparano per gli ospiti che gli fanno visita. 

Lo sapevate che il sudore aiuta a smaltire il calore in eccesso? Ecco perché i beduini bevono il tè caldo… e, diciamolo, il “tè nel deserto” ha sempre il suo fascino…

Ma dobbiamo andare, è in arrivo una tempesta di sabbia, che riesco miracolosamente a  fotografare al volo..  Le tempeste di sabbia sono frequenti, rendendo il panorama del Wadi rum un paesaggio lunare…

Continuo sulle tracce di Lawrence d’Arabia, tra salite e discese, si possono ammirare i vari castelli nel deserto, da quello di Lawrence, il QasrAzraq, a quello di Kerak e poi ancora a quello di Ajlun fino a Qasr al-Kharana. 

Alcune di queste costruzioni sono in discrete condizioni ed è divertente intrufolarsi tra le rovine.

Proseguo quindi  verso luoghi sacri legati alla vita di Gesù ed all’Esodo.  

Sono luoghi che, al di là di essere credenti o meno, sono comunque legati ad un passato storico che merita rispetto.  

Madaba, citata nella Bibbia, è detta la città dei mosaici. Nella chiesa di San Giorgio ce ne sono di bellissimi, come il mosaico che rappresenta la mappa della Terrasanta.

Proseguo verso il Monte Nevo, con i suoi oltre 800 metri di altezza, dove si dice che Mosè ebbe la visione della Terrasanta. 

Dalla sua cima, nelle giornate limpide, si può vedere tutta la valle del Giordano e con un po’ di fortuna anche le torri di Gerusalemme.  

E’ un luogo dal sapore mistico, legato profondamente alle culture religiose ebree e cristiane…

Tra continui saliscendi arrivo finalmente ad Amman, con la sua stupenda cittadella, le sue vestigia romane e il suo museo archeologico. Ad Amman un raro temporale porta finalmente un po’ di refrigerio.

Dopo Amman, eccomi a Jerash, l’antica Gerasa, un altro luogo che lascia proprio senza parole. Questo bellissimo sito archeologico, conservato davvero bene, raccoglie testimonianze greche, romane e persiane, che si snodano tra colonnati e templi delle varie culture.

Non potevo poi non fare un salto a Betania, citata nei Vangeli, dove, secondo i quali, Giovanni Battista fu battezzato ed incontrò Gesù. 

Questo sito, ora prevalentemente desertico, sorge sulle sponde di quello che resta del Giordano, dopo che fu deviato dal suo corso originale, come testimoniato da una foto,(prima e dopo la deviazione del fiume), posta all’entrata del sito archeologico. 

In questo luogo vengono molti credenti per pregare e bagnarsi nel fiume, ora ridotto ad un piccolo corso d’acqua e che segna il confine con Israele. 

Non si può non provare infinita tristezza nel vedere un luogo così sacro, sorvegliato da entrambi le parti del confine, da guardie armate… 

I miei pensieri volano alla vicina Siria, quando passo accanto ai campi dei profughi che scappano da una guerra assurda e mi sento una privilegiata ad vivere in un paese libero, seppur con tutti i suoi problemi…

Dopo tanto caldo, un bagno rinfrescante ci vuole e cosa meglio di un tuffo in mare? 

Ma non un mare qualunque.. Il Mar Morto, che sorge nella depressione più profonda del mondo, a circa 400 metri sotto il livello del mare e che è tra i mari più salati del mondo. 

Le sue rive sono cosparse di cristalli di sale e immergersi lì è una di quelle esperienze da fare  una volta nella vita. 

La salinità permette di stare a galla senza nuotare, infatti quest’acqua fa tutto da sé, così non resisto a mi faccio scattare la classica foto, con entrambi le mani occupate a reggere un cellulare, in perfetto galleggiamento, da classica turista… è  stato molto divertente…

Ma in Giordania come si mangia? 

Diciamo abbastanza bene, se vi piace la cucina araba… 

Quando si parla di cucina araba penso subito all’Hummus, la classica crema di ceci. 

Poi ci sono le insalate, come il Tabbouleh a base di bulgur, grano duro germogliato, al quale vengono aggiunti pomodori, cetrioli, prezzemolo e menta, condito con succo di limone e olio d’oliva. 

 Il Sish mensaf, viene servito su una specie di piadina, ed è riso con carne di montone, mandorle, pinoli, salsa allo yogurt e spezie. 

Chi non è amante del montone può optare per il Mushkan, pollo cotto al forno con cipolla e pinoli. Infine, molte sono le carni fritte, come le “falafel (o felafel)”, le tipiche e buonissime polpette di ceci, aromatizzate con cipolla, aglio e aromi vari. Il pane, è molto buono, è chiamato  “Pita” e ricorda molto quello che si trova in Grecia o in altri paesi arabi. Nel deserto viene cotto su dei braceri a legna. L’impasto assomiglia a quello della piadina, più o meno alto,  ed è a base di farina di grano, acqua e lievito.

Ma l’olio? 

Rifacendoci alla storia biblica, dopo il diluvio, una colomba portò un ramoscello di olivo…. 

Beh, sembra proprio che la Giordania abbia gli olivi autoctoni più vecchi di tutto il mediterraneo, ed è una discreta produttrice di olive da tavola ed olio extravergine di oliva. 

Negli ultimi anni il governo giordano ha favorito l’installazione di macchine all’avanguardia per la sua lavorazione, cosa che sta dando risultati soddisfacenti. 

Gli oliveti sono dislocati prevalentemente a nord-ovest , vicino al confine con Israele  e nel nord-est, ed io ho avuto la fortuna di fotografarli in piena produzione.

Da studi effettuati, la Giordania ha infatti olivi autoctoni vecchi di più di 2000 anni. 

La varietà Nabali è una delle più antiche del paese e viene coltivata sia per le olive da tavola, molto grosse, che per l’olio. Altre varietà autoctone sono la Rasie e la Souri, che danno oli extravergine con un aroma fruttato intenso. 

In Giordania sono coltivate anche cultivar toscane come Leccino e Frantoio, ma anche alcune cultivar spagnole come l’Arbequina e la Picual.  

Finisce così il mio viaggio in Giordania, un altro capitolo della mia vita che porterò per sempre con me nei miei occhi ma, soprattutto, nel mio cuore.. 

Alla prossima volta.. altro viaggio altri sapori…

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