Giappone, il paese del “Sol Levante”, paese affascinante, ricco di storia e tradizioni secolari.
Il viaggio per arrivare sembra non finire mai. Le 9 ore in più di fuso orario sconcertano un po’, ed affiora quella sensazione, che conosco bene, del “quando sono?” Perché, di fatto, tra cambi d’aereo e tempi morti sono passati quasi 2 giorni di viaggio..
Una volta arrivati, ci si rende subito conto che, girare Tokyo, non è affatto semplice., anche perché la lingua inglese è un optional….
Orientarsi in Giappone, specie in una grande città come Tokyo, è un’impresa. Solo le strade principali hanno un nome, le mappe riportano solo nomi di luoghi di interesse pubblico e perfino i giapponesi fanno fatica ad orientarsi…
Tuttavia la rete metropolitana è molto efficiente e copre tutta la città ed una volta che si sa dove si deve andare, almeno la fermata giusta siamo in grado di trovarla.
So che negli ultimi anni è stata realizzata un’applicazione da installare sul telefono, che aiuta a raggiungere gli indirizzi desiderati, ma quando visitai questo paese, ancora non era stata inventata e ricordo come un incubo il problema degli spostamenti, anche perché l’inglese parlato dai giapponesi, ammesso che lo parlino, è terribile.
Tutto questo si rifà alla loro cultura, che non ritiene prioritario parlare un’altra lingua, anche se nelle scuole viene studiato. Anni fa era raro trovare persone che parlassero inglese, per cui comunicare è stato un bel problema.
Nelle città più grandi le indicazioni sui cartelli, in genere, sono bilingue, ma se bisogna confrontarsi in un negozio o un ristorante spesso le cose si fanno complicate. Non parliamo poi se si deve raggiungere un indirizzo preciso! Ricordo che un giorno, per recarmi ad un appuntamento di lavoro, neanche il tassista riusciva a capire dov’era!
Detto questo, disagi di comunicazione a parte, la bellezza di questi luoghi dal punto di vista naturalistico ed architettonico è incredibile.
I famosi giardini giapponesi, sparsi ovunque, sembrano dipinti. La cura per tutto ciò che è esteticamente bello e la buona educazione fa parte di questa cultura. Lo si vede ovunque, nei comportamenti, nei giardini, nei palazzi, nei templi, nella loro cucina tradizionale, curatissima e colorata.
Tokyo è una bellissima città. Facendo un virtuale giro della città posso ricordare il Tempio Sensoji, nello storico quartiere di Asakusa, oppure il Koishikawa Korakuen, il giardino più famoso di Tokyo, per poi arrivare allo spettacolare Palazzo Imperiale.
Per chi ama lo shopping le vie più popolari sono la Ginza (che avevo imparato a riconoscere in quanto, essendo in periodo natalizio, era tutta addobbata con alberi di Natale), oppure la Nakamise, vicina al Tempio Sensoji.
Come scordare il quartiere Roppongi dove sorge la Mori Tower, presente in ogni skyline di Tokyo, oppure Ahikabara, il cuore pulsante della tecnologia dove si può acquistare di tutto, dal più piccolo gadget ad apparecchi elettronici di ultima generazione.
Il traffico è frenetico e non è raro vedere a giro i classici risciò..
Uscendo dalla città, gli spazi verdi, ed i villaggi si susseguono.
Una meta da non perdere è sicuramente Kamakura.
Per arrivarci, con il treno, è stata un’impresa in quanto, il “non inglese”, ha rischiato di non farmi arrivare…
Ma poiché, chi la dura la vince, memore del sistema adottato a Bangkok, per vedere il Museo delle barche reali, in hotel mi sono fatta scrivere le indicazioni in giapponese… Ma, nonostante quello, far capire all’addetto della stazione dove volevo andare, ha richiesto tutta la mia pazienza. E’ stato allora che, avendo bloccato la fila delle persone che dovevano acquistare un biglietto, un ragazzo, che ho scoperto poi essere uno studente che aveva studiato in Italia, a Siena, e parlava un po’ di inglese, si è mosso a compassione e mi ha aiutata. Mi ha poi spiegato che, nella cultura giapponese, non è ammesso dimostrare debolezza o ignoranza. Quindi, poichè l’apparenza è molto più importante della sostanza, prima di parlare male una lingua, meglio ignorare di conoscerla, perché fare brutta figura non è “onorevole”.
Ho anche scoperto che l’educazione giapponese, impone sui mezzi pubblici un determinato comportamento. Per esempio non sta bene mangiare a bordo, si sta in fila ordinatamente senza saltarla, ci sono carrozze o posti riservati alle donne o agli anziani insomma, proprio come in Italia …. 😂😂😂
Comunque, difficoltà a parte, sono riuscita ad arrivare a Kamakura, e ne valeva davvero la pena!
Questa cittadina ha un particolare significato storico per il Giappone.
E’ stata infatti la sua capitale per quasi un secolo.
La bellezza dei suoi templi è straordinaria. Il tempio Kotoku-in è particolarmente famoso per la grande statua di bronzo di Amida Buddha (Daibutsu), famosa in tutto il paese.(foto di copertina). La statua era ospitata da un tempio che fu distrutto da uno tsunami, ma la statua rimase in piedi.
Tutto il complesso è immerso in una natura bellissima, dove il tempo sembra essersi fermato a secoli fa. La domenica famiglie intere vestono i costumi tradizionali, per andare a rendere omaggio ai propri Dei, nei vari templi sparsi in questa splendida “cittadella, davvero suggestivo.
Tornando ai problemi di comunicazione, anche mangiare all’inizio è stato impegnativo.
Infatti molti ristoranti, invece che il menu bilingue, hanno il menu fotografico dei piatti, per cui si sta alla sorte… adottai così un sistema molto semplice. Individuata la foto del piatto che mi ispirava, aspettavo di vederlo passare prima di ordinare… fu così che mi ritrovai a mangiare una simil pizza, condita con un simil pomodoro e simil formaggio (forse..), non fu un grande successo…
Ma con il passare dei giorni, assaggiando e chiedendo, ho cominciato a riconoscere i vari cibi, imparando a scegliere ed ho avuto l’occasione di mangiare in luoghi, dove lo chef cucina direttamente davanti al cliente.
E’ così che ho imparato a cucinare la “Tempura”, un fritto soffice e leggerissimo di verdure o pesce, specialmente gamberi o calamari, i miei preferiti. La pastella per la tempura, deve essere molto soda ed è fatta con acqua ghiacciata e farina di riso oppure anche con la farina 00. Le verdure in piccoli pezzi o il pesce vengono immersi quindi nella pastella e fritti in abbondante olio bollente. Il risultato è una croccante nuvola gustosissima che ricopre l’interno, che resta morbido.
La Tempura viene spesso accompagnata da una salsa chiamata “Tentsuyu”, a base di Dashi (brodo giapponese, fatto con alghe e fiocchi di tonnetto essiccato), Mirin (liquore tipo sakè dolce da cucina) e salsa di soia.
La cucina giapponese non ha certo bisogno di presentazioni.
Conosciuta e diffusa in tutto il mondo è una delle cucine più apprezzate soprattutto dagli amanti del pesce crudo.
I giapponesi sono davvero delle autorità in materia. Riescono anche a lavorare il temibile “Fugu”, più conosciuto come “pesce palla”, nome che deriva da fatto che, questo pesce, si gonfia quando ha paura.
In Italia non è permessa la sua importazione, mentre in Giappone, solo cuochi appositamente formati e selezionati possono maneggiarlo e cucinarlo in quanto, fegato, pelle ed intestino contengono “tetrodotossina”, 100 volte più mortale del cianuro.
Il pesce palla solitamente viene servito crudo, affettato sottilissimo oppure in piccole polpette ed ha un gusto molto delicato ma anche un costo, ovviamente, molto elevato..
Pur avendo voluto riportare questa curiosità, tipica giapponese, personalmente non l’ho assaggiato, giusto per prudenza, visto che, ogni anno, nonostante tutte le misure di sicurezza, in Giappone si riportano casi di intossicazione.
Restiamo quindi su piatti che tutti, più o meno, conoscono bene.
I piatti più popolari di pesce crudo, sono il Sushi , polpette di riso, arrotolate con alghe, assieme a varie specie di pesce fresco, legumi e verdure.
Oppure c’è il “Sashimi” che, a differenza del Sushi, è composto da solo pesce fresco affettato finemente. Tutti i piatti a base di pesce fresco sono accompagnati da diverse salse, prime fra tutte quella di Soia, la salsa Wasabi, la Teriyaki, e molte altre, alcune delle quali sono molto piccanti.
Tra gli altri piatti va ricordato il Ramen, la zuppa di Noodles, una specie di spaghetti in brodo e servita con maiale affettato ed uova, marinate nella salsa di soia, alghe, cipollotto ed altre verdure.
Tra le carni ricordo gli Yakitori, spiedini di pollo marinati in salsa di soia e spezie e poi grigliati, e il Tonkatsu, una cotoletta di maiale, impanata e fritta , che viene fatta a pezzetti per essere presa poi con le bacchette ed accompagnata con zuppa di Miso, composta da brodo giapponese e dal Miso, pasta di soia fermentata. Immancabile il classico pollo fritto, piatto comune a tutto l’oriente e non solo….
I dolci sono numerosi, tra questi i Taiyaki, dolcetti a forma di pesce ripieni di crema azuki (a base di fagioli rossi, dal sapore dolciastro che ricorda le castagne); i Dorayaky, dei piccoli pancakes ripieni di marmellata di fagioli rossi o altre salse e i famosi Mochi, dolcetti di farina di riso gelatinoso, ripieni di marmellata o frutta.
Questo è solo un piccolo assaggio dei piatti più popolari, ma la cucina giapponese offre tantissime ricette, la cui preparazione può variare da un luogo all’altro in base alle tradizioni locali.
E l’olio extravergine? Personalmente qualche prova l’ho fatta, sostituendo l’olio extravergine a quello di soia ed il risultato è stato, neanche a dirlo, fantastico!
Conoscendo la cucina giapponese si può capire bene che, l’olio maggiormente consumato, è quello di soia, affiancato da quello di colza, di palma, di riso, di girasole oltre ad altre varietà.
Negli ultimi anni, soprattutto attraverso rapporti commerciali in fiere di settore, molti oli di qualità sono sbarcati in Giappone, specialmente per negozi di specialità e ristoranti italiani o fusion, ma è’ comprensibilmente molto difficile scalzare tradizioni vecchie di millenni, tuttavia le esportazioni sono in crescita.
Come i cinesi, anche i giapponesi hanno necessità di acquistare “fiducia” nelle persone con le quali devono instaurare rapporti commerciali.
Ho un ricordo di molti anni fa di un giovane giapponese, conosciuto alla fiera internazionale “Sial” di Parigi, che si presentò come proprietario di un “cheese market”. Inizialmente pensai che non era un potenziale buyer, ma ho dovuto poi ricredermi…
Feci quindi, con grande pazienza, una degustazione guidata, spiegando tutte le potenzialità del nostro meraviglioso oli extravergine, donando al giapponese anche una pubblicazione informativa.
Incredibilmente il mio ospite rimase affascinato dal mondo dell’olio ed è poi tornato per i due giorni successivi, pregandomi di fare la stessa degustazione alla moglie ed alla suocera. Il terzo giorno sono stata premiata per la pazienza, quando ho scoperto che il suo “Cheese market”, in verità, era solo uno dei 25 punti vendita di minimarket di sua proprietà, sparsi in Giappone e non solo di formaggio!
Così, come spiegato all’inizio, visto che il lato estetico per i giapponesi è così importante, è accaduto che il giovane giapponese, si è letteralmente innamorato dell’etichetta di uno degli oli toscani che avevo portato con me alla fiera.
E’ venuto quindi successivamente a Firenze per conoscere il produttore, dal quale, incredibilmente, ha acquistato quasi tutta la produzione dell’olio assaggiato in fiera.
Negli anni a seguire il giovane giapponese, che ormai si fidava di me, è tornato molte volte a Firenze ed ha anche acquistato poi altri prodotti toscani per i suoi minimarket!
Questo dimostra una volta di più che, quando si spiega alle persone perchè devono scegliere oli di qualità, guidandoli nell’assaggio, i risultati ci sono, persino in culture così distanti dalle nostre!
Il mio viaggio in Giappone finisce qui, ma anche il ricordo di questa esperienza resterà per sempre con me..
Grazie a chi ha avuto la pazienza di seguirmi fino a qui…ARIGATO!