OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA – COSA MANCA IN ETICHETTA?

Nel mio girovagare tra oli extravergine di oliva  di eccellenza, mi sono imbattuta in un grande monocultivar, stavolta, tanto per cambiare non toscano, ma laziale. Poiché leggo sempre le indicazioni riportate in etichetta, cosa che tutti dovrebbero fare prima di acquistare un olio extravergine, ho trovato sulla bottiglia un’etichetta aggiuntiva che non mi era mai accaduto di trovare in tanti anni che frequento il mondo olivicolo. 

Questa azienda, ha aggiunto coraggiosamente sulla bottiglia la seguente frase:

“La legge italiana non difende gli interessi dei piccoli produttori artigianali di altissima qualità. Infatti non ci permette di indicare in etichetta l’oliveto da cui provengono le olive e le caratteristiche organolettiche dell’olio e neppure le caratteristiche chimiche e fisiche al momento dell’imbottigliamento”

Ora, per quanto concordi sul fatto che è bene educare il consumatore, di fatto il REGOLAMENTO DELEGATO (UE) 2022/2104 DELLA COMMISSIONE EUROPEA” del 29 luglio 2022, che ha abolito il precedente regolamento (CEE) n. 2568/91 e il regolamento di esecuzione (UE) n. 29/2012, ha specificato nell’art.10 quali sono le “menzioni aggiuntive” che si possono riportare in etichetta, tra le quali, “prima spremitura a freddo” oppure “estratto a freddo” che, ricordo, si riferisce alla temperatura di gramolazione che non deve mai superare i 27°.  

L’articolo 10 prosegue poi con la possibile eventuale citazione relativa alle “caratteristiche organolettiche relative al gusto o all’odore”, facendo riferimento a diciture ben precise riportate nel Regolamento (Ue) N. 1308/2013 che sono, oltre le due già citate, le seguenti: acidità, piccante, fruttato: maturo o verde, amaro, intenso, medio, leggero, ben equilibrato, olio dolce. Dette caratteristiche, devono però essere accertate da un Panel di assaggio autorizzato dal Ministero, così come le analisi chimiche che, se indicate, devono riportare, oltre al valore dell’acidità, anche quella dei perossidi e dell’assorbimento dell’ultravioletto (K232, K270, Delta K) e devono essere fatte, secondo i criteri della normativa vigente, da laboratori chimici autorizzati. 

Ma eccoci al nodo dolente…

Il nuovo regolamento è infatti molto carente per quanto riguarda l’origine delle olive, parla infatti esclusivamente di oli e miscele di oli. Il luogo di origine (art. 8) fa riferimento solo al paese di origine, ma non all’oliveto ed alla zona precisa di raccolta delle olive e nota bene, tutti questi dati, sono solo FACOLTATIVI!

Sarei curiosa di sapere quanti oli, dichiarati extravergine, potrebbero mantenere questa categoria se diventasse “obbligatorio” mettere questi dati in etichetta…. 

Questa situazione di “non corretta informazione” per il consumatore finale crea, di conseguenza, una confusione notevole poiché, entrando in un posto a caso, diciamo un supermercato, e trovandosi di fronte una bottiglia, con scritto a caratteri cubitali “estratto a freddo” , il consumatore darà per scontato quasi sicuramente che è buono!

Raramente il consumatore si ferma infatti a leggere l’etichetta di un olio, anche perché, avendo spesso caratteri molto piccoli, è difficile da leggere per cui, se in etichetta, per esempio, non è riportato il dato dell’anno di raccolta, il consumatore rischia ingenuamente di acquistare un olio vecchio, poichè il fatto che sia dichiarato “extravergine” ed “estratto a freddo”, non garantisce che è dell’anno in corso, nè che sia extravergine davvero, garanzia che possono fornire solo gli oli a marchio certificato DOP e IGP.  

Come si può immaginare quindi i più danneggiati da questa situazione sono i piccoli produttori che, caparbiamente, continuano a produrre oli extravergine di altissima qualità.  Probabilmente questi produttori, se vendessero i propri oli al prezzo al quale dovrebbero realmente venderlo, non venderebbero abbastanza da riprendere almeno le spese e devono spesso inventarsi altre forme di reddito, magari vendendo anche altri prodotti o servizi, come gli agriturismi.

Come un cane che si morde la coda ritorniamo quindi alla necessità urgente di fornire ai consumatori una giusta campagna informativa, per indirizzarlo verso una scelta consapevole, quella cioè di acquistare l’olio direttamente dal produttore, che potrà spiegargli di persona la differenza tra un olio difettato ed uno di qualità. 

E voi che olio preferite avere in tavola? 

Rancido ma che costa poco, oppure di qualità che rende ogni vostro piatto un successo?

Provare per credere! 

E ricordate sempre, c’è olio e olio!

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