Le “frittelle di riso” sono un dolce tipico che, in genere, viene preparato per San Giuseppe ma, di fatto, queste golosità si cominciano a vedere a giro già nel periodo del carnevale.
Le “frittelle di riso” sono diffuse soprattutto in Toscana, specialmente nelle province di Firenze e Prato.
Tuttavia la loro origine è indefinita. Cosa certa è che la ricetta è citata nel “Libro de arte coquinaria”, di Maestro Martino da Como, cuoco talentuoso e gastronomo italiano, geniale ed innovatore, vissuto verso la metà del 1400, a cavallo tra medioevo e rinascimento.
Il libro, scritto in lingua “volgare”, affinchè tutti potessero capire, è stato il capostipite dei moderni ricettari di cucina, riportando infatti per primo la suddivisione delle ricette tra le varie portate ed ingredienti, suggerendo anche le quantità in base al numero degli ospiti. Era arricchito anche da consigli su come sostituire eventuali ingredienti mancanti ed è stato il primo ricettario ad introdurre in Italia il burro per cucinare, abitudine poi rimasta soprattutto nel Nord Italia, mentre al Sud prevalse, per fortuna, l’utilizzo dell’olio di oliva.
Lo stile del libro era talmente preciso e puntuale nelle sue spiegazioni, che ebbe molto successo e diventò presto una guida per i cuochi dell’epoca sia in Italia che all’estero, divenendo poi la base della cucina rinascimentale ed i suoi consigli ed insegnamenti sono tuttora seguiti anche da famosi chef dei giorni nostri. Molte delle ricette riportate nel “Libro de arte coquinaria” erano, si può dire, internazionali, in quanto spesso traevano spunto dalla cucina di altri paesi, frutto del succedersi delle varie dominazioni del periodo, come la cucina catalana.
Ma smettiamo di divagare e torniamo alle nostre “frittelle di riso”.
Come sempre, quando le ricette si tramandano nel tempo, possono avere varie versioni. Negli anni ne ho sperimentate diverse e questa è quella che preferisco.
Per un bel vassoio di frittelle, diciamo per 4-6 persone: 300 gr. riso, 1 litro di latte, 150 gr. zucchero più quello per “inzuccherare”, 1 bustina vanillina, 4 uova, 100 gr. farina 00, 100 gr. uvetta sultanina, 2 cucchiai vin santo (o marsala secca), 2 cucchiaini lievito vanigliato, scorza arancia o limone, 1 pizzico di sale, olio per friggere.
Come sempre, se non volete usare l’olio extravergine di oliva e volete usate quello di semi, meglio quello di arachide che ha un punto di fumo più alto.
In una pentola mettete a bollire il latte con lo zucchero e la vanillina. Quando bolle aggiungete il riso e fate cuocere fino a che avrà assorbito bene tutto il latte, come se fosse un risotto. Lasciate freddare bene per qualche ora.
Nel frattempo mettete in ammollo l’uvetta in acqua calda.
Quando il riso si sarà freddato, aggiungete le uova una per volta, poi la scorza del limone (o arancio), 1 pizzico di sale, il vin santo o marsala secca e, per ultima, la farina con il lievito.
Quando l’impasto sarà ben amalgamato potete aggiungere l’uvetta, precedentemente ben strizzata.
Mettete sul fuoco un pentolino alto e stretto e riempitelo di olio fino a metà circa, le frittelle dovranno galleggiare.
Preparate i soliti due vassoi, coperti di carta da cucina, uno per scolarle l’atro per riporre le frittelle finite. Preparate anche una scodella con dello zucchero.
Quando l’olio sarà a temperatura (usate il solito stecchino per verificare, quando farà delle bollicine, l’olio è pronto).
Cominciate a versare l’impasto nell’olio. Consiglio di fare frittele piccole perché cuoceranno meglio, quindi, diciamo la quantità di un mezzo cucchiaio. Aiutatevi poi con un cucchiaino a far cadere la giusta quantità di impasto dentro l’olio.
Girate le frittelle un paio di volte affinchè si coloriscano bene. Poi scolatele nel primo vassoio.
Quando le frittelle saranno ben asciugate, rotolate ancora calde nello zucchero e disponetele nel secondo vassoio.
L’usanza vorrebbe che venissero poi servite in coni di carta gialla da fritto, così come si trovano nei mercati nel periodo di San Giuseppe e consumate caldissime.
Se avanzano (cosa rara..) potete conservarle fino al giorno dopo in una ciotola rivestita di carta da cucina e coperte poi sempre con carta da cucina.