OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA – 16 – L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI “EXTRAVERGINE”

L’olio extravergine d’oliva, questo sconosciuto…. 

Eh, già.. girando per negozi si trova di tutto, dagli oli extravergine veri e propri, a quelli che “dichiarano di esserlo” ma, di fatto non lo sono.. dall’olio di oliva vergine.. fino all’olio di sansa, per poi passare a tutta l’infinita gamma degli oli di “semi”. 

Per descrivere ogni variante,  un solo articolo non può bastare, quindi mi limiterò, per ora,  a dividere questi “oli” in due grandi categorie: 

1) oli ottenuti “esclusivamente con procedimenti meccanici”, come l’olio “extravergine di oliva” e l’olio di oliva vergine”; 

2) oli raffinati, ottenuti con procedimenti chimici e meccanici, come l’olio di oliva raffinato, l’olio di sansa di oliva ecc. 

La Comunità Europea, con leggi apposite, ha specificato che per definire un olio “extravergine” devono essere rispettati determinati parametri chimici, prima fra tutti l’ “ACIDITA’”, che… udite, udite… non si può capire né dall’odore, né dal sapore!!! 

Infatti l’acidità dell’olio si può conoscere solo attraverso le analisi chimiche, effettuate in laboratori dotati di autorizzazioni specifiche. 

Per essere un “extravergine” quindi il valore dell’acidità dell’olio non deve superare lo 0,8%  per ogni 100 gr. 

L’acidità però non compare quasi mai sulle etichette delle bottiglie in commercio, perché NON E’ OBBLIGATORIO METTERLO. 

Quindi poiché non è obbligatoria neanche l’effettuazione delle analisi, l’unica garanzia per il consumatore è imparare a riconoscere un olio “buono”, oppure affidarsi alle “denominazioni di qualità”, come le DOP e le IGP.. le quali,  per rilasciare la certificazione, obbligano il produttore ad effettuare le analisi chimiche ed organolettiche.. ma è solo la punta dell’iceberg… seguitemi..

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